Dal 3 al 6 settembre 2015, tra qualche giorno quindi, si terrà un importante Convegno Internazionale sul Counseling a Verona,
“Professione Counselling: Costruire Ponti Verso Il Benessere”
Lo scopo di questo convegno internazionale è mettere in relazione counselor e professionisti della salute mentale e dell’educazione provenienti da tutto il mondo. La rete di relazioni darà l’opportunità alla IAC di fornire un costante supporto e incoraggiamento alla figura del “counselor” mentre si sviluppa in Italia e in altri paesi, dove è in fase nascente.
Il convegno è patrocinato dalla Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO poichè aderisce alle priorità delineate a promuovere il benessere umano su base globale.
Il convegno affronterà le due priorità identificate dall’organizzazione delle Nazioni Unite, Sociali e Culturali (UNESCO): Africa e uguaglianza di genere. Queste priorità saranno argomento centrale per esaminare come il counseling, inteso sia come processo che come professione, possa promuovere il benessere umano su base globale.
All’interno del Convegno l’ASPIC sarà presente con uno stand dove poter trovare informazioni sul Counseling, sui percorsi formativi qualificati, e dove poter effettuare un colloquio di counseling con counselor professionali.
Sempre all’interno del convegno l’ASPIC sede Territoriale di Verona porterà il suo contributo con un intervento all’interno di una sessione parallela dal titolo “L’approccio Umanistico Integrato con migranti, richiedenti asilo e rifugiati “- Group 6_Counseling: scuola e altri contesti, immigrazione, ore 13.00. L’intervento sarà condotto da Vera Cabras e Ivan Carlot.
di seguito una breve presentazione dell’intervento
L’incontro con migranti è un’esperienza sempre pi๠comune e diffusa. Le domande di aiuto e consulenza, il bisogno di competenze interculturali investono i luoghi istituzionali, gli uffici pubblici, le reti di realtà locali che si occupano di servizi alla persona e offrono sostegno ai migranti. In particolar modo negli ultimi anni la presenza migratoria si è espressa come condizione permanente, o di lunga durata e con crescente intensità , ponendo la questione della presa in carico di molteplici bisogni tra cui quelli di cura, ascolto, accoglienza, supporto emotivo.
Le dinamiche migratorie comportano una molteplicità di elementi caratterizzanti e pongono sfide inedite. Possono essere pertanto avvicinate da approcci capaci di coglierne la complessità e, al tempo stesso, richiamano i contesti e gli operatori a tale accortezza, a tale compito. Il lavoro con migranti già trova, e puಠulteriormente trovare, un legame e una pi๠efficace evoluzione nel confronto con il counseling. La nostra esperienza di counselor, impegnati operativamente da molti anni con migranti, con rifugiati, ci suggerisce e conferma che gli strumenti del counseling umanistico sono opportunamente implementabili nelle pratiche quotidiane di accoglienza dei migranti e forniscono importanti aperture nell’affrontare i casi difficili, operando congiuntamente ad altre professionalità nei percorsi di cure.
Nel lavoro con i migranti, un primo aspetto da evidenziare è la necessità di un intervento flessibile volto all’apertura, all’accoglienza, alla centralità dell’altro, liberando la propria azione da giudizi e pregiudizi, in modo che chi partecipa alla presa in carico possa più fluidamente entrare in contatto con aspetti che costituiscono il fondamento strutturale e strutturante dello psichismo umano: i miti, le tradizioni culturali e religiose, i relativi sistemi d’interpretazione della realtà , i diversi approcci al disagio, alla malattia, alla corporeità, al mondo emotivo. La cultura è qualcosa da cui è impossibile prescindere; cultura significa genere umano e condizione stessa della sua evoluzione.
Un secondo aspetto fondante l’intervento di counseling è la valorizzazione dell’esperienza altrui. Offrire accoglienza e orientamento, anche alle persone che si trovano più spaesate e sospese in una terra di nessuno, nè là nè qua, oppure a quelle che sentono di vivere dentro una vertigine le loro esperienze che si confondono tra i diversi ambienti, è compito infinitamente pi๠efficace e gratificante qualora il migrante sia considerato portatore di altre competenze, utili a quelle dei già residenti, vecchi e nuovi, essenziali nel momento dell’incontro.
Le numerose e diffuse situazioni di guerra o di conflitto violento, di minaccia e persecuzione, di tortura e di estremo impoverimento, le calamità ambientali, infatti, agitano e mettono in fuga milioni di persone, in diverse parti del mondo. Le domande di protezione internazionale, che derivano in massima parte da questi andamenti, possono essere accolte con attenzione in una relazione di condivisione dei carichi (burden sharing) tra gli Stati interessati, e possono divenire elemento basilare per lo sviluppo e migliori attuazioni di diritti umani.
A loro volta, questi percorsi evolutivi generali hanno maggiori possibilità di divenire sostenibili e fruttuosi promuovendo pratiche d’accoglienza aggiornate, ricche d’esperienza e di qualità , con un approccio alle migrazioni dinamico e centrato sulla relazione interpersonale. Ciò significa prima di tutto rispondere accuratamente alle richieste di protezione, senza esaurire le risorse proprie e altrui, cogliendo il potenziale creativo insito nell’umana tendenza a fronteggiare i momenti dolorosi, nella resilienza delle persone quando esse si trovano in significative difficoltà , nell’individuale e relazionale capacità di attivare risorse di fronte alle avversità .
Una considerazione dinamica delle esperienze migratorie si rivolge all’interezza dei passaggi e dei vissuti della persona, senza predeterminarne gli esiti, aprendo la dimensione dell’aiuto alla conoscenza d’insieme.
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